Si tratta di un campo di ipotesi su cui si sta lavorando facilitati dal fatto che il farmaco è già in uso
Il bumetanide nella sua effettiva somministrazione ha evidenziato che in coincidenza col suo uso si rilevavano minori malati di Alzheimer. Di qui la ricerca sulla possibilità che tra i due eventi ci sia una connessione causale. Lo studio di questa relazione (diuretico e diminuzione degli effetti dell’Alzheimer) è stata analizzata e le risultanze sono state pubblicate su Nature Aging.
In sostanza si conferma il fatto che la malattia temuta per il suo effetto di demenza sia poco diffusa tra coloro a cui è stato comminato il farmaco per evitare la ritenzione idrica e l’ipertensione.
Si è passati, quindi, all’analisi dei principi attivi vedendo se possono avere degli effetti proto-curativi nei confronti dell’Alzheimer. Cinque molecole sono quelle che potrebbero avere le giuste caratteristiche, tra queste il bumetanide.
Si sono andati a vedere gli effetti su cinque milioni di pazienti e in effetti coloro che hanno il bumetanide come farmaco in cura si ammalano meno di Alzheimer con riduzione della patologia dal 35% al 75%. Un motivo, questo, per continuare in questo filone di ricerca.