Il convegno che si è tenuto il 2 dicembre al Tempio di Adriano a Roma con il patrocinio dell’Istituto Superiore di Sanità e dell’Osservatorio Sanità e Salute ha fatto il punto sulle strategie più indicate da applicare per affrontare le malattie infettive
“Tra i determinanti che hanno portato – a partire dal Novecento – allo straordinario aumento dell’aspettativa di vita degli esseri umani, oltre all’acqua pulita e al miglioramento dei cosiddetti determinanti sociali di salute, ci sono sicuramente i vaccini. È importante ricordare l’eradicazione del vaiolo e l’abbattimento globale della poliomielite, ma il ruolo che i 27 vaccini disponibili hanno avuto è stato ed è essenziale: si stima che le vaccinazioni abbiano evitato oltre 50 milioni di morti tra il 2000 e il 2019. Tuttavia – spiega Stefano Vella, coordinatore scientifico dell’evento – nel nostro mondo disuguale, oltre 15 milioni di bambini sono fermi a “vaccinazione zero” soprattutto nei Paesi più poveri. È un quadro intollerabile al quale il mondo più ricco deve assolutamente mettere mano anche ricorrendo a meccanismi di collaborazione pubblico-privato che hanno già dimostrato di poter funzionare a livello globale.
Scienza e salute sono un binomio indissolubile. “Dobbiamo però soffermarci sul metodo scientifico e sulla sua formazione in tutti i programmi scolastici” – la Senatrice Paola Binetti che ha concluso: “Dobbiamo superare la logica della contrapposizione per affermare la dialettica della progressione”.
Negli interventi di Silvio Brusaferro, Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, i passaggi vincenti di una battaglia contro il Covid che si aggiunge a una continua tensione che l’umanità deve sostenere contro l’arrivo ciclico di nuove patologie.
“Coi vaccini anti Covid niente resterà come prima”. Lo ha detto Sergio Abrignani, Docente Ordinario di Patologia Generale dell’Università degli Studi di Milano. “In un solo anno, in Italia, nel 2020, abbiamo perso un anno nell’aspettativa di vita” – ha ricordato Abrignani. “I vaccini salvano la vita e sviluppano anche il sistema immunitario – sempre Abrignani – Bisogna evitare lo scatenarsi dell’evento infiammatorio dopo il contagio del virus. A quel punto il problema diventa l’infiammazione che si è sviluppata. Non più il virus”. Aggiunge Abrignani “Il vaccino vero è quello che noi facciamo con le nostre cellule. La rivoluzione copernicana dell’mRna è questa”. “In tal senso è inutile contare gli anticorpi per vedere se dobbiamo fare sì o no il vaccino”. Avverte lo studioso di Genetica Molecolare. “I dati sui vaccinati e osservare il conseguente declino del contagio offre la risposta unica ed esclusiva”. Ma chiarisce anche: “aspettiamoci altre varianti tra tre o sei mesi. La fenomenologia che abbiamo visto è questa”. Abrignani risponde al quesito che lui stesso pone: “la caduta di protezione a cosa è attribuibile? A una fuga della capacità anticorpale oppure a un suo naturale declino? La risposta è nella terza vaccinazione come richiamo che mantiene una memoria anticorpale e avrà una stabilità. La paura che ci sarà una quarta vaccinazione risponde a una speculazione”. E conclude: “noi stiamo inseguendo il vaccino con tutti i limiti di chi insegue. Il mondo non ha mai prodotto tanti vaccini per altrettante somministrazioni. Dobbiamo continuare su questa linea.
Raffaele Bruno, Docente Ordinario di Malattie Infettive dell’Università degli Studi di Pavia specializzato sulle malattie infettive, affronta il problema delle terapie anti Covid. “Questa malattia ha due fasi: la replicazione e l’infiammazione. I farmaci che agiscono sulla replicazione si sono rilevati inizialmente inutili perché l’ammalato arrivava ad almeno due settimane dal contagio. Ora però è diverso. È più facile individuare velocemente il soggetto contagiato e c’è una migliore organizzazione per trattarlo”. Questi i problemi della prima fase, al primo manifestarsi della malattia, nel 2020. “Sulla parte infiammatoria c’è stata una grande polemica sull’uso dell’ossigenazione. Ma è stata una fase terribile per chi doveva curare questo fenomeno nuovo. Tra i diversi farmaci che hanno avuto una buona risposta per la cura c’è Tocillizumab che migliora le aspettative di vita ma va usato quando lo steroide non dà risposte”. In ultimo Bruno si sofferma sugli anticorpi monoclonali. “Non è che sono stati usati poco. È stata farraginosa la modalità per accedervi”.
“L’antibiotico resistenza è la pandemia perfetta” – L’intervento di Massimo Andreoni, Docente Ordinario di Malattie Infettive dell’Università di Tor Vergata di Roma, tratta del problema della resistenza agli antibiotici. “Si investe moltissimo su diverse malattie gravi e croniche ma queste acquisizioni si perdono per l’antibiotico resistenza”. Evidenzia Andreoni. “Fare informazione non basta. Bisogna istituire momenti di controllo da parte dell’organizzazione ospedaliera”. E conclude, sempre Andreoni: “troppo tempo per la produzione di nuovi farmaci e altrettanto tempo affinché questi farmaci diventino gestibili nella profilassi medica, come nei sistemi di cura”.