Stimolate, riaffiorano le percezioni della primissima infanzia che si considerano cancellate
L’amnesia infantile è un processo reversibile. Sembra naturale rinunciare al ricordo delle prime esperienze nel proprio corso di vita. L’immagine di persone scomparse in tenera età, i sapori della prima infanzia, le emozioni, pare normale siano archiviate in un ambito memoriale inaccessibile. Questa rimozione inevitabile invece può essere rievocata se è vero, come è vero, che ogni percezione viene immagazzinata in qualche ambito memoriale.
Ne è convinto uno studio pubblicato su Science Advances. Vero è che l’amnesia infantile è forse la forma più onnipresente di perdita di memoria nei mammiferi.
Ma ricercando le modalità con le quali i ricordi sono immagazzinati nel cervello durante la fase di crescita, aiutandosi con la tecnologia per campionare gli elementi neurobiologico che consentirebbero alla memoria di ricordare fatti e sensazioni per essere immagazzinate come variazioni biofisiche o biochimiche nel tessuto del cervello e di altre strutture nervose, si è rilevato che nelle forme di autismo non si sperimenta amnesia infantile.
Si è ricercato quindi nell’attivazione immunitaria materna. Sarebbe questa dimensione a intervenire negli elementi neurobiologici che consentono l’immagazzinamento dei ricordi.
Conferme si trovano nelle verifiche nel mondo animale. Sono stati riattivate questi elementi neurobiologici in “topi neurotipici”. In sostanza sperimentando nuovamente si è dimostrato che quel tipo di memoria può essere sollecitata e riportato a coscienza percettiva. Si è teso a dimostrare, quindi, non solo che “l’amnesia infantile è dovuta a un deficit reversibile di recupero nell’espressione di questo tipo di elementi neurobiologici (engramma), ma anche che l’attivazione immunitaria durante lo sviluppo modula interruttori innati e reversibili dell’oblio che determinano se si verificherà l’amnesia infantile”.