“A giugno la carica virale subisce un netto decadimento”. Lo dice l’Istituto Superiore di Sanità
L’ambiente, nel senso della temperatura di impatto, consiste un elemento importante per il proliferare del virus o il suo decadere. Sarebbe quindi ridimensionata la tesi per cui a far crescere la diffusione sia stato il circuitare festaiolo di agosto e tanto più sono confutate le tesi esposte inizialmente dai virologi in tv che davano al fattore del caldo un valore minimale. “In estate il virus si contagia di meno solo perché si tengono gli ambienti più arieggiati”. Aveva detto Ilaria Capua nelle sue esternazioni di marzo. L’attenuazione estiva sarebbe avvenuta, quindi, grazie all’aumento di temperatura più che come risultato delle misure drastiche di contenimento. Ma anche la prima nuova accentuazione del virus a settembre in Francia, Inghilterra e Germania, così come il concentrarsi, ancor oggi, nelle regioni del Nord d’Italia, sarebbe da indicarsi essenzialmente al fattore di temperatura media. Del resto, lo stesso vale per altri virus. Non si capiva bene perché per il coronavirus dovesse fare eccezione. Il dato del fattore climatico come elemento determinante per il crescere o il diminuire della diffusione l’hanno osservato i ricercatori del Dipartimento di Malattie Infettive dell’Istituto Superiore di Sanità in uno studio pubblicato su Clinical Microbilogy ando Infection dell’European Sciety of Clinical Microbiology and Infectious Diseases. Le sperimentazioni in vitro danno ragione alla componente climatica come fondamentale: “innalzando la temperatura fino a 28°C, la temperatura massima prevista per il mese di giugno, la carica virale subisce un drastico decadimento entro le prime 24 ore dall’emissione di droplet infette, mentre per raggiungere gli stessi livelli di decadimento alla temperatura di 20-25°C (temperatura ambiente) sono necessari tre giorni”. E nelle pubblicazioni ufficiali dell’Istituto Superiore di Sanità si legge: “I nostri dati aiutano a spiegare il perché le condizioni ambientali estive più sfavorevoli per il virus ne abbiano rallentando la diffusione e il contagio – spiega il virologo Fabio Maguranoche ha coordinato lo studio – Al contrario l’abbassamento delle temperature permette al virus di resistere di più e nel contempo giustifica una maggiore capacità delle goccioline respiratorie di persistere e diffondersi nell’ambiente, favorendo la diffusione del virus e il contagio”.