Malattie infiammatorie croniche intestinali, ecco che fare!

Farmaci per terapia autoimmune e un registro per monitorare i livelli di gravità e tipologia: una riforma del sistema di cura

 

“Garantire i percorsi diagnostici e istituire un registro specifico per queste patologie”. È l’impegno di Pierpaolo Sileri, Vice Ministro della Salute e medico.

“Sono duecentomila le persone che in Italia soffrono di Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali – così il presidente dell’Osservatorio Sanità e Salute ha presentato i lavori – E i malati sono in aumento. Ma con questa espressione si intendono patologie diverse”. “Si afferma sempre più la tesi della reazione autoimmune, come causa comune di queste patologie – ha spiegato brevemente Luisa Guidi, internista e geriatra, che modera la discussione scientifica –  Il sistema immunitario che aggredisce le cellule. Arrivano però nuovi farmaci per queste malattie autoimmuni. Altri ne arriveranno nei prossimi anni, sia biologici sia piccole molecole, che offriranno più soluzioni”.

L’approfondimento sul tema è avvenuto a Palazzo Giustiniani a Roma nel pomeriggio di martedì 14 gennaio.

Anche Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, interviene sul futuribile registro: “noi lavoriamo come istituto con tutti gli attori che vogliono realizzarlo”.
Paola Binetti, senatrice della commissione Sanità, assimila le patologie intestinali alle malattie rare. “Quando la patologia non ha un nome rischiano di non essere riconosciute”. Sempre la Binetti: “Stiamo recuperando un interesse specifico per le malattie intestinali che vanno oltre il morbo di Chron“. La capacità di individuare le malattie intestinali implica la vera possibilità di curarle. “Istituire il registro – spiega sempre Binetti – significa dare un’attenzione controllata e seria alla malattia”.
 Mario Cottone, direttore di Medicina interna dell’Ispedale Cervello di Palermo, dopo aver dato una precisa stima della diffusione delle patologie intestinali in Italia e nel mondo, evidenzia i vantaggi di una dieta rigorosa. E conclude sulla necessità assoluta di istituire il registro per saperne di più sulla diffusione sociale e le diverse fenomenologie tra le persone. Alessandro Papa, gastroenterologo del Gemelli di Roma, rileva varie manifestazioni della malattia, diffusione e ipotesi causali. La metà dei pazienti lamenta una condizione di vita invalidante.
“Spesso medici al primo approccio della malattia tendono a minimizzarla – sostiene sempre Papa – Bisogna prendere a modello un approccio multidisciplinare. Oltre al gastroenterologo, al radiologo, all’internista c’è bisogno anche dello psicologo”.
“Monitorare il paziente”. È l’imperativo di Paolo Gionchetti, direttore per le malattie infiammatorie del Sant’Orsola-Malpighi di Bologna. Ciò per controllare le terapie e recuperare da errori.
“Il cortisone toglie i sintomi ma non cura la malattia” – evidenzia Alessandro Armuzzi, segretario generale IG-IBD che continua ad illustrare: “Gli immunosoppressori hanno rischi bassi. Non sono utilizzati spesso. Sappiamo che hanno un loro spazio. Le dosi debbono essere quelle giuste. Vanno somministrati se la patologia non si è aggravata”.
Gilberto Poggioli, direttore del Sant’Orsola-Malpighi, illustra sulle diverse patologie intestinali.
Ma le prospettive si concentrano nelle novità farmacologiche. Interviene sul tema Luca Antonioli, ricercatore dell’Università di Pisa. Le applicazioni dei farmaci innovativi oggi spengono l’infiammazione, non si limitano a lenire semplicemente la sintomatologia.
Monica Boirivant, direttore dell’Istituto Superiore di Sanità, affronta il problema burocratico di fare programmazione sanitaria in modo che non si violi il crisma della privacy. Di qui richiama all’importanza di realizzare un registro.